Politiche pubbliche. No, non è tutto facile

Chissà quante volte, viaggiando in treno, alla fermata di un bus, nella sala d’attesa del medico o semplicemente a cena con i parenti, avrete sentito qualche accusa contro la Sindaca di turno o la classe politica in generale. “Non è possibile che nel 2025 succeda questo!” (come se in un determinato anno invece era tutto perfetto…); “Ah, solo in Italia!” (e magari il viaggio più lungo dell’interlocutore è stato dai parenti a 200 km da casa…); “Sono tutti uguali, pensano solo a rubare!” (come se, per esempio in treno, ci fosse un automatismo per cui a ogni minuto di ritardo venisse accreditata una cifra a tutti i parlamentari).

Ironia a parte, tutto questo è – da un lato – il classico lamento continuo. Ma dall’altro, in modo più subdolo (e dunque più grave), è il segno di un’abitudine ormai quasi antropologica: la semplificazione estrema. Se con un “tap” posso guardare tutte le serie TV del mondo, non è concepibile – si pensa – che con lo stesso tap non possa ottenere una visita medica in 24 ore.

Peccato che non funzioni così. E neanche il tap, in realtà, è così semplice: dietro ci lavorano migliaia di persone, pagate (bene) per semplificare la vita all’utente con sistemi sempre più sofisticati e complessi.

Quindi no: niente è facile e niente è veloce. E non può esserlo nemmeno per le politiche pubbliche.

Si può fare meglio? Certamente. Si può ottimizzare, ridurre gli sprechi, prendere ispirazione da altri Paesi.

Ma la complessità di fondo resta. E andrebbe riconosciuta di più, soprattutto in un’epoca iperconnessa, in cui ci si aspetta che tutto – anche le istituzioni – funzioni in tempo reale.

Entriamo nel pratico. Sprechi e inefficienze a parte, se la popolazione italiana invecchia in modo costante (unito, per fortuna, a un buon livello di benessere degli anziani), la sanità andrà inevitabilmente in affanno. Servono più risorse? Sì. Ma anche quel discorso è complesso. Il limite, più che nei fondi, è nell’organizzazione stessa: il sistema sanitario così com’è stato pensato nel 1979 non regge più. Parliamo di un sistema pensato quasi 50 anni fa con prospettive e scenari diametralmente opposti ad oggi. Si pensi solo al “regionalismo” che ha portato ad avere 20 sistemi sanitari diversi. Non si tratta di singoli provvedimenti o di casi isolati. Si tratta di tenere in equilibrio un sistema messo sotto pressione come mai prima d’ora. E che, con ogni probabilità, dovrà cambiare.

Per questo, no: non è tutto facile.

Le sfide davanti sono epocali: una crisi demografica ormai irreversibile in molti dei suoi effetti (mentre le baby pensioni viaggiavano su un trend demografico positivo); modelli economici in evoluzione rapidissima; un cambiamento climatico che non è più una previsione, ma una realtà.

Davanti a queste sfide serve calma e gesso. Se al cittadino si può forse concedere di non comprendere tutto (fino a che punto?), al decisore pubblico e privato no. Non dovrebbe essere permesso: né nelle scelte, né nella narrazione.

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *